Espressione di cerca del bracco italiano

La più eloquente caratteristica dello stile del Bracco italiano che consente valutazioni non influenzate dalle contaminazioni indotte dall’addestramento

“Un bracco italiano non è un bracco, se non ha lo sguardo da bracco”. Mi pare l’abbia detto Paolo Ciceri ed io, parafrasando il Maestro, aggiungo: “Un bracco italiano non è un bracco, se non ha l’espressione di cerca del bracco italiano”.

Ho letto e riletto le relazioni di molti giudici sulle prove di Bracchi italiani e di altre razze: si parla dello stile, della ferma, dell’andatura, si parla della velocità, dell’ampiezza di cerca.
Dell’espressione di cerca del bracco italiano invece non si parla quasi mai: eppure è uno degli aspetti più significativi della tipicità del lavoro, così come lo sguardo è uno dei più eloquenti caratteri della tipicità morfologica. L’espressione di cerca trascende andatura e velocità e scaturisce direttamente dalla psiche di ciascuna razza: un Bracco italiano che fa nel turno frequenti fasi di galoppo, potrebbe avere espressione di cerca molto più tipica di quello che magari non rompe mai un trotto meccanico.

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Ma per meglio cogliere il significato dell’espressione di cerca del bracco italiano, è opportuno analizzare quel che sta a monte, cioè gli stimoli che animano la cerca; e siccome la cinofila è conoscenza comparata, farò in proposito un sommario confronto fra razze inglesi e razze continentali (e non mi stancherò mai di ripetere che chi è innamorato della sua razza e basta, non riesce a conoscere neppure quella perché vien meno l’insegnamento che proviene dal confronto).

Razze inglesi e razze continentali

Un Inglese corre anche perché la voglia di correre ce l’ha dentro e lo si vede nella fase di iniziazione dei cuccioloni, che corrono senz’altro motivo che la gioia di correre; parimenti l’Inglese corre anche per emulazione del compagno di coppia ed ha psiche e riflessi che gli consentono di inchiodarsi in ferma appena un’emanazione gli perviene anche quando corre senza cercare. Il Continentale invece ha psiche diversa e corre perché è il naso che lo tira. Il giovane Continentale alle primissime armi, tanto più se Bracco italiano, ben difficilmente copre molto terreno. Poi man mano che incontra, impara ad usare il naso e man mano che impara ad usare il naso, estende la cerca.

Il trialler

L’Inglese è tipico anche quando va troppo, cioè anche quando va più di quel che il suo ottimo naso ed i suoi prontissimi riflessi gli consentono. Da cui il significato del trialler, termine coniato dai cinofili nostrani per Setter e Pointer che identifica il soggetto con naso e riflessi proporzionati alla sua eccezionale velocità. Di Setter e Pointer particolarmente veloci ce ne son tanti, ma di trialler ce ne sono pochi, molto pochi. E se un Setter o un Pointer velocissimo ferma una volta su dieci, non lo fa perché è un trialler, ma per una botta di culo. Però prima o poi diventa campione.


Invece il Continentale che va più di quel che il suo naso gli consente, pecca anche nella tipicità del lavoro, perché evidentemente non è più il naso che lo tira e l’espressione di cerca del bracco italiano lo denuncia immancabilmente. Per il Continentale la velocità fine a se stessa è solo uno sterile tentativo di scimmiottare gli inglesi.

La cerca del continentale

La cerca del Continentale, animata dallo stimolo olfattivo, è del resto la matrice della sua versatilità, proprio perché egli va dove lo porta il naso, cioè nel medicaio o nel bosco, nelle stoppie o nei calanchi dell’Appennino. Oggi che le prove italiane più significative sono su fagiani in zone di Ripopolamento e Cattura, l’incontro avviene frequentemente bordeggiando ai margini di cespugli impenetrabili a seguito di una cerca che necessariamente si svolge a velocità contenuta per scandagliare col naso in profondità la fascia di rovi lungo i quali sta correndo ed avvertire così il selvatico intrufolatosi là dentro per trovare riparo. E sarà avvantaggiato il Continentale italiano perché quelle circostanze esaltano la sua tipicità di cerca, laddove per un galoppatore non è altrettanto facile modulare stilisticamente la sua andatura per bordeggiare in modo efficace.

La spettacolarità dell’azione di un Pointer non può prescindere dalla potenza della sua andatura e dalla velocità che esprime. Per lui lo stile è anche manifestazione atletica.

Per un Continentale – e soprattutto per un Bracco italiano – il fatto atletico è sempre in subordine allo svolgimento di una esplorazione ragionata

Il bracco italiano deve dare dimostrazione di un continuo adeguamento dell’azione alla circostante realtà (vento, effluvi, vegetazione, terreno) e ciò non solo nei terreni rotti, ma anche su di un’infinita distesa di verde frumento a primavera, dove i suoi lacet si estenderanno ai lati fin dove il suo cuore ardimentoso lo sostiene; ma i suoi lacet, ancorché tesi, esprimeranno la fantasia di un’azione in cui è palese il rapido accertamento di un’emanazione spuria, la intelligente divagazione su di un promettente effluvio, le accelerazioni ed i rallentamenti che tutto ciò impone.

Trotto esasperato

Il trotto esasperatamente veloce, che come tale non può lasciar tempo ad espressive interrogazioni e ad eloquente mobilità di testa, sminuisce sensibilmente la espressività della cerca del Bracco italiano. Malgrado ciò soggetti con prestazioni del genere vengono sistematicamente premiati ai massimi livelli, a dimostrazione che troppo spesso il corpo giudicante sottovaluta l’importanza dell’espressione di cerca.

Guardate un Bracco italiano al termine del lacet: è il momento della verità in cui il vento – che sino ad allora gli arrivava sulla spalla – gli giunge dritto in faccia. Mentre gira rallenta un po’, alza spettacolarmente la testa e tira di naso per captare gli odori più alti che il vento gli porta da più lontano. La tentazione di sfondare è palese, ma il collegamento lo trattiene e ricomincia rapido il nuovo lacet. È una fase bellissima, altamente rivelatrice della tipicità della cerca.

Il momento in cui il Continentale gira nel vento smaschera immancabilmente i cani robotizzati: il bracco che conclude il lacet senza rallentare e con un brusco dietrofront, denuncia un addestramento spersonalizzante

Se quel cane troverà un selvatico sul suo percorso rigorosamente geometrico, forse lo fermerà, ma sarà incapace di svolgere cerca intelligente. La sua prestazione potrà magari essere atleticamente entusiasmante, ma l’espressione di cerca lo qualificherà per quel che in realtà è: un arido robot.

L’insufficiente presa di terreno

Molti anni fa, quando il principale problema dei Bracchi italiani era quello di una insufficiente presa di terreno, i giudici più illuminati pretendevano di verificare anche in terreni aperti il cane che aveva fatto il punto in terreni coperti. Ricordo che Paolino Ciceri, dopo un gran punto del mio Lord su fagiano in un bosco fitto di impenetrabili rovi, mi fece legare il cane e mi fece terminare il turno in terreno aperto per verificare la presa di terreno.

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1973. Ch. It e Int. Lavoro LORD di Cesare Bonasegale. Bracco italiano tra i più forti di tutti i tempi.

Ebbene, oggigiorno bisognerebbe adottare le precauzioni inverse: dopo che il Bracco italiano ha fermato la selvaggina che ha trovato sul suo percorso in terreno aperto, sarebbe opportuno verificare come affronta il terreno a configurazione irregolare e coperto in cui l’intelligenza di cerca deve subentrare ai geometrici lacet. Al termine del lacet a volte il cane fa “il rientro” che dimostra come in quel momento non stia usando il naso.

Rientro al termine del lacet

Perché un cane fa il rientro?
A volte perché ha un calo di impegno e tende perciò a chiudere l’azione anziché ad aprire un nuovo lacet. Ma ci son cani che fanno frequenti rientri solo da un lato. Come mai?

Chi ha fatto equitazione sa che tutti i cavalli hanno un lato “duro”; c’è quello che fatica a girare sul fianco destro e quello che è “duro” a sinistra. La stessa cosa avviene per i cani, solo che con loro non si può intervenire con redini e gambe; quindi i correttivi sono particolarmente complessi e difficili da attuare.

Il cane che però “va dove lo porta il naso”, ben difficilmente fa rientri perché in lui l’impegno olfattivo è naturale, costante e prevalente; e se andando a favore di vento fa il rientro, vuol dire che in quel momento non sta usando il naso, con conseguente potenziale sfrullo.

Il lavoro di coppia, corretta espressione di cerca del bracco italiano?

Il lavoro di coppia è funzionale per gli Inglesi perché infittisce la trama di una cerca fatta di lacet molto spaziati e, nel contempo, esalta la velocità e quindi lo stile. Ma per il Bracco italiano, che specula su ogni anfratto del terreno e su ogni bava di vento, che si prefigge la traiettoria più funzionale per arrivare ad esplorare quel promettente angolo di terreno là in fondo, per lui la presenza di un rompiscatole che vuole arrivare prima di lui sull’emanazione, non solo è un enorme disturbo, ma sconvolge la sua bella cerca ragionata.
Tanti anni fa ci si ostinava a correre le prove a beccaccini in coppia …..ed era un disastro: famosi beccaccinisti non facevano un punto perché il beccaccinista – di qualsiasi razza – deve svolgere sempre cerca ragionata, “tirata dal naso”.

Alla fine si convinsero che a beccaccini si deve far il turno a singolo (anche con gli inglesi) e, come per incanto, arrivarono le classifiche e le qualifiche. Detto ciò non voglio dire che i Bracchi italiani non possono lavorare in coppia: in dicembre a volte vado a fagiani con due miei bracchi perfettamente affiatati che, in virtù della collaborazione, riescono a bloccare certi maschi più veloci di Zatopek.

Però sarebbe assurdo pretendere collaborazione fra due cani che si vedono per la prima volta. Comunque, anche per il Bracco italiano la coppia è utile per verificare che il cane non sia succube del compagno né animato da odiosa garosità. La coppia è accettabile anche nelle prove a quaglie, dove comunque c’è meno spazio per voli pindarici e dove non ci sono i presupposti per esprimere in termini eloquenti l’espressione di cerca.
Infine per il cane robotizzato la coppia va benissimo perché la sua cerca è comunque senza fantasia ed anzi il compagno di coppia gli è di stimolo per correre più forte.

E per i Continentali esteri è giusto correre in coppia o a singolo?A singolo, naturalmente, perché son pur sempre Continentali. A patto però che lo siano per davvero e che l’espressione della loro cerca sia per l’appunto quella dei Continentali.

Che se invece si accettano Continentali che corrono come forsennati, senza mai un accertamento e senza dar dimostrazione che son “tirati dal naso”, allora la soluzione non è di metterli in coppia, bensì di insegnare ai giudici cos’è un Continentale.

 

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